1992—2003
All’inizio degli anni Novanta, Sigfrido Bartolini, infaticabile sperimentatore di linguaggi e di procedimenti pittorici, si cimenta con l’Affresco. Una tecnica che aveva sempre considerato di straordinario fascino, che coinvolge l’intero percorso della pittura occidentale, dall’antichità classica ai “muri” novecentisti.
Franco Pistelli, responsabile di un laboratorio d’arte fiorentino, propone all’artista pistoiese, che accetta, di eseguire degli affreschi su supporti fittizi.
Supporti sui quali viene steso l’intonaco, dove l’artista dipingerà come su una parete e, da cui il dipinto verrà poi “strappato”. Quindi, con il procedimento messo a punto per il salvataggio di affreschi antichi, verrà riportato su tela.
Esistono anche due affreschi, che l’artista aveva eseguito da giovanissimo, negli anni Cinquanta e che si trovano nelle sale espositive del Liceo Artistico di Pistoia, dove sono stati recentemente ritrovati.
Soltanto nel 2003 Sigfrido Bartolini dipingerà direttamente sulla parete di una casa nel Veneto, a Treviso, un grande affresco (2,50 × 2,00 m). Ma anche questo, dopo la morte dell'artista, verrà staccato e riportato su tela.
LA TECNICA
Si dipinge sull'intonaco fresco, non asciutto, con colori mescolati ad acqua. La porzione di superficie da affrescare viene pereparata quotidianamente (le cosidette “giornate”).
Il supporto da affrescare è preparato con un primo strato grossolano d'intonaco sul quale poi viene steso uno strato più sottile, detto “arriccio”. Sull'arriccio viene tracciato il disegno e infine steso uno strato leggero di sabbia mista a calce (“intonachino”) sul quale si inizia a dipingere.